Cittadinanza iure sanguinis? Dieci anni in lista d’attesa presso i Consolati italiani in Brasile

Il sottotitolo potrebbe essere: “Del Belpaese, delle sue inefficienze e di chi le paga”, perchè parliamo di nuovo di cittadinanza, questa volta per discendenza. Il discendente di cittadino italiano è a sua volta cittadino italiano (se l’avo non si ha ottenuto la naturalizzazione in altro stato e se non c’è interruzione nella trasmissione della cittadinanza italiana), anche se l’avo cittadino italiano è emigrato all’estero due secoli fa.

Qui potremmo aprire – beninteso, solo provocatoriamente – una parentesi sull’attuale dibattito sullo ius soli per chi nasce e vive una vita in Italia e sull’assenza di dibattito circa l’opportunità di riconoscere la cittadinanza italiana a persone che da 4 generazioni non hanno alcun contatto con l’Italia (il classico bisnonno/a nato/a dopo la metà dell’ottocento).

Per i fautori del binomio “cittadino italiano – sistema di valori italiani”, la norma che consente la cittadinanza iure sanguinis potrebbe (o dovrebbe?) essere abolita. Ma non diamo spunti, che c’è il rischio che vengono colti.

Potremmo poi aprire una ulteriore parentesi sull’identikit del perfetto italiano sul quale misurare stranieri, discendenti di italiani e italiani doc, ma la mia riflessione riguarda altro. Per motivi di lavoro sto analizzando l’intera giurisprudenza italiana in materia di cittadinanza iure sanguinis. Le pronunce sono prevalentemente relative alla discendenza per linea materna, poiché prima dell’intervento della Corte costituzionale la donna nata prima del 1948 non trasmetteva la propria cittadinanza ai figli e la perdeva se si coniugava con cittadino straniero.

Per la linea di discendenza maschile, non essendoci mai stata contestazione alcuna, sarebbe sufficiente rivolgersi al consolato italiano e chiedere il rilascio di  un documento di identità della Repubblica Italiana.

Eppure, fra tutte le sentenze italiane sull’argomento, ogni tanto ce ne sono alcune anche per la linea paterna. Ci si aspetterebbe, in una situazioni di ordinario disbrigo delle pratiche dei nostri uffici all’estero, che il tribunale rigetti la domanda per carenza di interesse ad agire. Detto in parole povere, non puoi venire ad intasare i tribunali, chiedendo in giudizio qualcosa che un ufficio della pubblica amministrazione ti rilascia su semplice richiesta. Invece i tribunali accolgono le domande giudiziali sulla base di queste motivazioni:
Emerge tuttavia che l’attore abbia presentato sin dal 2006, al Consolato Generale d’Italia a San Paolo (SP-Brasile) la richiesta di riconoscimento del proprio status civitatis Italiano iure sanguinis, […] . L’ istanza è stata accettata dal Consolato e rubricata al “n.progressivo xxx” della “lista di attesa” delle richieste di riconoscimento della cittadinanza Italiana per l’anno “2006” […]. Ebbene, la documentazione prodotta dall’attore, consente di apprezzare che il Consolato Generale d’Italia a San Paolo (SP-Brasile) – voce “lista d’attesa per il riconoscimento della cittadinanza italiana”) […] alla data del 05.08.2015, aveva in corso la evasione le richieste formulate nel marzo 2005; dall’esame della lista richieste pubblicata sul website del Consolato Generale d’Italia a San Paolo si evince la dimensione del fenomeno, e la condizione di sostanziale paralisi in cui versano gli uffici competenti in ragione della mole delle domande presentate; in ogni caso la richiesta di […] non risulta presa in esame a 9 anni dalla sua presentazione, né vi è modo di ritenere che sia prossima ad una definizione; il decorso di un lasso temporale di tale irragionevolezza rispetto all’interesse vantato, equivale ad un diniego di riconoscimento del diritto, e per ciò solo giustifica l’interesse a ricorrere alla tutela giurisdizionale” (Tribunale di Roma, sentenza del 16 febbraio 2016)

Le liste d’attesa per la cittadinanza italiana iure sanguinis possono essere consultate sul sito dei Consolati. Al solo consolato di San Paolo, la lista d’attesa delle prenotazioni fatte dal 2008 ad oggi contiene 49.150 domande di cittadinanza iure sanguinis (molte delle quali non riguardano un unico soggetto, ma anche altri richiedenti, ad esempio i figli); in tutto il Brasile le domande di cittadinanza iure sanguinis in attesa di evasione erano 111.058 al febbraio 2016.

A marzo del 2016 lavoravano le domande di undici anni prima… La situazione ad oggi è la medesima, ed è anche stata oggetto di una interrogazione parlamentare del 2016, strumento che – si sa – serve più a “mettere agli atti” che altro, poiché quasi mai portano ad una reale soluzione del problema.

E delle inefficienze della pubblica amministrazione italiana nelle sedi distaccate estere si fa carico il sistema giudiziario, che diventa ufficio della pubblica amministrazione. Tutto ciò, è chiaro, pagato comunque dai cittadini, che con le loro tasse fanno funzionare sia la macchina giustizia che la pubblica amministrazione.

Quindi il cittadino paga gli stipendi degli uffici consolari, il sistema giudiziario e – oltre al danno la beffa – le spese legali di questi procedimenti poiché giustamente il Ministero dell’interno viene sistematicamente condannato al pagamento delle spese processuali, circa 3.000/4.000 euro a processo.

Proviamo ad immaginare cosa accadrebbe se quei 111.058 futuri italiani in attesa decennale avessero il guizzo di rivolgersi ad un tribunale italiano: la condanna alle spese legali ammonterebbe almeno a 300 milioni di euro, sempre nostri.

Sì, forse è proprio questo il vero identikit del perfetto italiano. Siete sicuri di voler ottenere la cittadinanza?