Immigrati e bonus bebè. Vademecum per difendersi

La vicenda dei bonus bebè risale all’inizio del 2006, quando nella legge finanziaria il Governo stanzio’ 1000 euro per i neonati italiani e comunitari. La lettera di “invito” del Presidente del Consiglio a ritirare il bonus fu spedita per errore a migliaia di famiglie di cittadini stranieri, che si presentarono alle Poste per ritirare questo bonus, che per errore fu pagato. Nei mesi successivi, scoppiato il caso, il ministero dell’Economia inizio’ a richiedere indietro le somme percepite senza averne diritto, ma poi ha stabilito che chi ancora non ha restituito il bonus puo’ tenerlo. Ma nulla e’ stato detto sulle conseguenze penali che gli stranieri potrebbero subire e le procure stanno inviando a migliaia gli avvisi di reato. In merito abbiamo fatto presentare anche un’interpellanza parlamentare.

In attesa di un provvedimento del Governo, proponiamo un vademecum rivolto alle migliaia di persone che si ritrovano, o si ritroveranno, indagate.

COME FARE A SAPERE SE SI E’ INDAGATI
Chi e’ indagato per la commissione di un reato viene a conoscenza dell’esistenza di un procedimento penale nei propri confronti a seguito della notifica dell’informazione di garanzia, un atto nel quale vengono indicate le norme di legge contestate e si viene invitati a nominare un difensore di fiducia. Chiunque inoltre, puo’ recarsi presso la Procura della Repubblica e chiedere se il proprio nome e’ iscritto nel registro delle notizie di reato.

NON SOTTOVALUTARE LA VICENDA
Per chi effettivamente e’ iscritto nel registro degli indagati e’ molto importante contattare il proprio avvocato. Se il Governo non dovesse prendere provvedimenti per risolvere la questione, sara’ necessario difendersi in giudizio. Il processo infatti arrivera’ comunque a conclusione, con la conseguenza che ci si potrebbe ritrovare una condanna nel certificato del casellario giudiziario, senza possibilita’ di cancellarla per diversi anni.

RESTITUIRE LE SOMME RISCOSSE
A fine luglio il Governo ha annunciato un provvedimento di condono, secondo il quale le famiglie straniere che hanno riscosso il bonus non dovranno restituirlo. Di fatto pero’, ad oggi, questo provvedimento non e’ ancora stato emanato. Per questo motivo consigliamo di restituire comunque le somme riscosse, seguendo le indicazioni fornite dal Ministero dell’Economia:
– effettuare un versamento sul c/c postale intestato alla Tesoreria Centrale dello Stato – Roma n. 31617004;
– scrivere nella causale “Versamento al Capo X° – Cap. 2368 – restituzione bonus bebè”;
– maggiorare l’importo di 1,81 euro a titolo di bollo sulla quietanza di tesoreria;
– inviare una comunicazione all’Agenzia delle Entrate di avvenuta restituzione con allegata la copia della ricevuta di versamento;

COSA ACCADE ALLA CARTA DI SOGGIORNO DURANTE IL PROCESSO
I reati che ad oggi sono stati contestati a chi ha riscosso il bonus bebe’ sono la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (nota 1), indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (nota 2) e falsita’ ideologica commessa dal privato in atto pubblico (nota 3). Di questi reati, il primo e’ ostativo al rilascio della carta di soggiorno. In pratica, la legge sugli stranieri prevede che non possa essere rilasciata la carta di soggiorno a chi e’ stato condannato per un simile reato o anche solo a chi risulti un procedimento pendente. Una condanna per truffa aggravata ai danni dello Stato comporta la revoca della carta di soggiorno.

SI APPLICA L’INDULTO A QUESTI REATI?
In caso di condanna ad una pena inferiore ai tre anni, si puo’ applicare il beneficio dell’indulto di cui alla legge 241 del 2006, che pero’ ha come effetto quello di sospendere la pena, ma non gli altri effetti penali. Di conseguenza la condanna resterebbe sul certificato del casellario giudiziale, e comporterebbe comunque la revoca della carta di soggiorno (o se ancora non si e’ chiesta, l’impossibilita’ di farlo). Il beneficio, inoltre, è revocato se nei confronti di chi ne ha usufruito viene emessa una condanna per un delitto doloso, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge.

LA SOLUZIONE LEGISLATIVA
Abbiamo gia’ sottolineato la necessita’ che il Governo adotti un provvedimento ad hoc, al fine di porre rimedio alla situazione paradossale in cui attualmente si ritrovano migliaia di famiglie straniere residenti in Italia.
Sul punto, e’ stata anche presentata una interpellanza parlamentare al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell’Economia ed al Ministro di Giustizia, dall’on. Donatella Poretti (Rosa nel Pugno).

SE IL GOVERNO NON PRENDESSE PROVVEDIMENTI: LE CONSIDERAZIONI DELL’ADUC

PERCHE’ NON E’ UNA TRUFFA
Il reato di truffa presuppone che chi lo commette utilizzi artifici e raggiri per ottenere un ingiusto profitto. Chi ha riscosso il bonus ha firmato un modulo (in cui veniva richiesto di compilare i campi attinenti ai dati anagrafici dei genitori e i codici fiscali del nucleo familiare) su cui era prestampata una autocertificazione di cittadinanza dell’Unione europea e si e’ successivamente recato alle Poste con la propria carta d’identita’, come richiesto, sulla quale c’e’ chiaramente scritta la cittadinanza della persona. Non e’ stato messo in atto alcun raggiro, poiche’ qualsiasi operatore di sportello postale poteva verificare la difformita’ fra quanto scritto nella autocertificazione e i dati contenuti sulla carta di identita’.

L’INDUZIONE IN ERRORE
Dobbiamo tener presente che gran parte delle famiglie straniere che vivono in Italia parla correntemente l’italiano, ma lo legge poco o male, e non conosce la burocrazia italiana (fatta eccezione per le code alla questura che comunque sono una buona palestra!), nonche’ il valore di una autocertificazione. Molto semplicemente queste persone hanno ricevuto una lettera indirizzata al proprio figlio appena nato, con un dono di benvenuto nel mondo del valore di mille euro, da far ritirare a mamma e papa’. L’induzione in errore e’ poi proseguita negli sportelli postali, dove gli operatori, che in quella sede erano tenuti a controllare i documenti di identita’ non hanno eccepito nulla, e hanno pagato le somme richieste.

LA DERUBRICAZIONE DEL REATO
Nel caso in cui il Governo non intervenisse nella vicenda, le persone che hanno riscosso il bonus dovranno difendersi nel processo penale mirando, chiaramente, ad ottenere una assoluzione e, in caso di condanna, alla derubricazione del reato. Riteniamo che comunque l’accaduto non possa esser qualificato come truffa, ma al massimo come indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. I due reati sono infatti identici nel fine ma diversi nei mezzi. Cambiano le modalita’ di esecuzione, che per la truffa consistono in artifici e raggiri, mentre per il reato previsto dall’art. 316 ter del codice penale (Indebita percezione) consiste nell’uso di dichiarazioni false.

note
1 – L’art. 640 bis del codice penale prevede la sanzione della reclusione da uno a sei anni.
2 – Art. 316 ter c.p.: […]chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per se’ o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunita’ europee e’ punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
3 – Art. 483 c.p.: Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto e’ destinato a provare la verita’, e’ punito con la reclusione fino a due anni.

(Già pubblicato in Aduc)