Rette RSA. Corte d’Appello Firenze: l’impegno al pagamento firmato dai parenti non è un contratto autonomo


Rette RSA. La Corte d’Appello di Firenze, con la sentenza n. 207 del 3 febbraio 2015 pone un altro importante punto fermo sulla annosa questione dei rapporto fra le RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali), i degenti e i parenti cui viene fatto sottoscrivere un impegno al pagamento delle rette RSA: non ci si muove nell’ambito di un rapporto contrattuale privato, ma della erogazione di un servizio pubblico, e gli impegni al pagamento che vengono fatti sottoscrivere ai parenti non sono contratti autonomi ma fideiussioni omnibus.

La vicenda prende le mosse dalla richiesta di pagamento formulata da una RSA toscana nei confronti della figlia di una persona degente nella struttura, in forza di un impegno al pagamento sottoscritto all’epoca dell’inserimento della madre. Nel giudizio di primo grado davanti al Tribunale di Firenze, la RSA sosteneva che il rapporto – instaurato con la madre degente e con la figlia che si era impegnata al pagamento – fosse di tipo privato, a nulla valendo la convenzione fra RSA e Comune. Sempre ad avviso della RSA essa non sarebbe erogatore di un servizio pubblico e, una volta determinata dal Comune la quota sociale, il rapporto di degenza si instaurerebbe direttamente e privatamente con la struttura nella quale l’assistito fa ingresso. La dichiarazione di impegno al pagamento  delle rette RSA sarebbe allora un contratto di ospitalita’, liberamente sottoscritto dalla firmataria, pienamente legittimo e totalmente autonomo rispetto alla precedente fase “amministrativa” di determinazione della “quota sociale”.

Gia’ in primo grado il Tribunale di Firenze aveva accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo presentata dalla figlia, dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e correttamente individuando la natura dell’impegno firmato: non gia’ un separato ed autonomo contratto ma una fideiussione, una garanzia della figlia rispetto a quanto dovuto dalla madre per la propria degenza:
 “Contrariamente a quanto sostenuto dalla convenuta opposta, non è ravvisabile tra le parti alcun ‘contratto di ospitalità’ di tipo privatistico, in quanto la fonte del rapporto giuridico tra Rsa ed assistito è l’atto pubblico di inserimento del soggetto non autosufficiente nella struttura di cura ad opera del servizio sociale” (Tribunale di Firenze, sentenza n. 3892/2013).

La RSA proponeva appello e la figlia della signora degente – assistita dagli avvocati Claudia Moretti ed Emmanuela Bertucci – resisteva in giudizio. La Corte d’Appello di Firenze, con la sentenza n. 207 del 3 febbraio 2015 conferma la pronuncia del Tribunale e chiarisce la natura fideiussoria dell’impegno al pagamento firmato dai parenti: “L’autonomia dell’atto sottoscritto […] non e’ in alcun modo predicabile; e deve affermarsi corretta la ricostruzione giuridica dell’atto come di garanzia personale fornita dalla parente alla struttura in relazione al pagamento da parte dell’assistita della quota sociale (o parte di essa) determinata dal Comune a carico della medesima. […] Lo scritto non ha alcuna possibilita’ di essere interpretato come contratto di ospitalita’ dato che vede obbligato un soggetto diverso dal fruitore del servizio e per il prezzo su quest’ultimo gravante […] non risulta un titolo diverso dalla garanzia che possa giustificare casualmente l’assunzione dell’obbligo da parte dell’appellata”.

La pronuncia e’ di particolare rilievo anche e soprattutto alla luce della nuova normativa sull’ISEE, che calcola le rette RSA dovute dal degente anche sui redditi dei figli non conviventi. Obbligato al pagamento – anche in vigenza delle nuove norme, e’ sempre il solo degente e non anche i figli. L’ovvia conseguenza e’ che la quota sociale a carico del degente sara’ ben al di sopra delle proprie disponibilita’ economiche, e per questo motivo da tempo le RSA si “tutelano” facendo firmare ai parenti impegni al pagamento (sotto forma di dichiarazione unilaterale, o di “contratto di ospitalita’”), nonostante l’inserimento in RSA sia avvenuto per il tramite dei servizi sociali comunali o ASL. Solitamente, la firma di questo impegno viene prospettata come indispensabile per l’ammissione in struttura, oltre che doverosa per legge poiche’ i figli sono “tenuti agli alimenti”, e dunque “sarebbero” tenuti a firmare.

La Corte d’Appello di Firenze, ribadendo la natura fideiussoria e accessoria di questi impegni, conferma quanto sosteniamo da tempo: le fideiussioni omnibus sono sempre revocabili, inviando alla struttura una lettera a mezzo raccomandata AR con la quale si comunica la propria volonta’ di risolvere/recedere/revocare l’impegno economico. Da quel momento in poi, chi ha sottoscritto l’impegno non sara’ piu’ tenuto ad alcun pagamento per la degenza del proprio parente in RSA.

La sentenza ha poi un’altra importante conseguenza “indiretta”. Riconoscendo che il contratto di ospitalita’ non e’ un autonomo contratto di diritto privato ma si inserisce nel rapporto fra l’utente e l’amministrazione che lo ha inserito in RSA, essa sgombra – a nostro avviso – il campo anche da un altro “equivoco” su cui le RSA spesso giocano: trattandosi di erogazione di un servizio pubblico e non di un rapporto di diritto privato, la struttura non puo’ dimettere il degente nel caso in cui il parente revochi l’impegno al pagamento firmato all’epoca, nemmeno nel caso in cui cio’ sia consentito nella convenzione stipulata tra RSA e comune/ASL.

(Già pubblicato in Aduc)