Immigrazione. Niente interruzione volontaria di gravidanza a Trento per donne comunitarie irregolari

Una delibera della Giunta provinciale di Trento vieta agli ospedali di praticare gratuitamente l’interruzione di gravidanza volontaria per le donne comunitarie non in regola con il soggiorno. Il divieto e’ contenuto nella Delibera n. 1118 del 13 maggio 2010 con cui la Provincia Autonoma di Trento esclude dalle prestazioni sanitarie urgenti ed essenziali l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) per le donne comunitarie non in regola con il soggiorno, ponendola a totale carico dell’assistita “poiché non è previsto il relativo rimborso nell’ambito della normativa comunitaria vigente”. Una questione di soldi, quindi, e a farne le spese sono questa volta le cittadine comunitarie irregolari, prevalentemente di nazionalita’ rumena e bulgara.
La delibera crea una inaccettabile discriminazione fondata sulla nazionalita’ della donna che richiede l’interruzione di gravidanza: se la donna e’ extracomunitaria clandestina potra’ infatti richiedere l’interruzione di gravidanza gratuita in virtu’ dell’art. 35 del Testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. n. 286/1998). Per le comunitarie il discorso e’ diverso. Con l’entrata in vigore del d.lgs. 30/2007 sul diritto di libera circolazione e di soggiorno dei cittadini dell’Unione Europea e dei loro familiari e’ stata modificata la disciplina relativa al soggiorno dei cittadini comunitari in Italia in ossequio alla Direttiva comunitaria 2004/38/CE. Il decreto legislativo prevede che il cittadino comunitario stabilmente soggiornante in Italia regolarizzi la propria “posizione sanitaria”, iscrivendosi al Servizio sanitario nazionale (per lavoratori, loro familiari, disoccupati iscritti nelle liste di collocamento o ad un corso di formazione professionale, in possesso di una Attestazione di soggiorno permanente maturata dopo 5 anni di residenza in Italia) o chiedendo uno dei formulari comunitari per le spese mediche (E106, E109, E120, E121). Tutti quei cittadini comunitari che si trovano in Italia da piu’ di tre mesi e non rientrano nelle categorie elencate devono pagare le spese mediche, fatta eccezione – al pari degli stranieri clandestini extracomunitari – delle prestazioni sanitarie urgenti o comunque essenziali. Fra queste,ovviamente, l’interruzione volontaria di gravidanza – che pero’ la Provincia di Trento ha illegittimamente escluso per motivi di “budget”.
Il provvedimento e’ illegittimo sotto diversi profili. Prima di tutto si pone in contrasto con il diritto alla salute garantito dall’art. 32 della Costituzione italiana, con la Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (che vieta ogni forma di discriminazione che si ponga ad ostacolo alla assistenza sanitaria della donna), con l’art. 35 D. Lgs. n. 286/1998 e con la circolare del Ministero della Salute (prot. n. DG RUERI/II/3152 del 19 febbraio 2008) che individua l’interruzione volontaria di gravidanza fra le prestazioni sanitarie che devono essere comunque prestate alla persona straniera, indipendentemente dallo condizione di regolarita’ sul territorio italiano o meno. Il provvedimento interviene inoltre in una materia di esclusiva competenza dello Stato posto che la legge 194/78, nella quale si disciplinano le condizioni per l’accesso alle tecniche di interruzione volontaria della gravidanza, individua prestazioni che rientrano nei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, materia che la Costituzione (art. 117 lett. m) riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Una situazione di gravissima violazione del diritto costituzionale alla salute e dei principi di uguaglianza e di non discriminazione. Ci sconvolge la disinvoltura con cui la provincia di Trento ha violato e continua a violare i principi basilari e fondamentali della Costituzione italiana e dell’ordinamento internazionale, negando il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza delle donne comunitarie irregolari – tutto cio’ per qualche migliaio di euro.
E’ la stessa delibera infatti che spiega i motivi della decisione: nel 2008 il Servizio Sanitario Provinciale ha speso complessivamente euro 53.783,00 per prestazioni sanitarie indifferibili ed urgenti erogate a cittadini rumeni e bulgari (si badi bene, non per le interruzioni di gravidanza ma per tutte le prestazioni d’urgenza ed essenziali); nel 2009 la cifra complessiva ammonta ad euro 81.344,06 (per entrambi gli anni non si specifica in quale percentuale incidano le somme spese per interruzioni volontaria di gravidanza). La Giunta chiede dunque che il Ministero della Salute si incarichi delle azioni di recupero dei crediti “degli oneri relativi all’anno 2008 e 2009, in premessa citati, nonché successivi nei confronti degli Stati competenti in sede comunitaria o diplomatica”. Pare una sorta di rappresaglia nei confronti del Ministero della Salute: visto che non provvedi al recupero crediti nei confronti degli Stati di cittadinanza delle donne che hanno praticato l’interruzione volontaria di gravidanza, io smetto di erogare gratuitamente il servizio. Ci sconvolge che un provvedimento simile sia finora passato sotto silenzio (la delibera e’ del maggio 2010), ci sconvolge che il Ministero della Salute non abbia preso provvedimenti in merito, consentendo ad una provincia autonoma di risparmiare sulle spalle delle donne comunitarie che non possono permettersi di pagare l’intervento di interruzione di gravidanza.