Sky Calcio: TAR Lazio conferma multa Antitrust di 7 milioni. Come ottenere rimborsi e indennizzi

Il Tar Lazio ha confermato la sanzione di 7 milioni di euro per pratiche commerciali scorrette comminata dall’Antitrust a Sky per per non aver fornito informazioni chiare sul contenuto del pacchetto Calcio per la stagione 2018/19, lasciando intendere che comprendesse tutte le partite di serie A come nel triennio precedente, così falsando le scelte sia dei nuovi clienti che di chi era già abbonato.

Questi gli argomenti di difesa di Sky, sintetizzati nella sentenza e puntualmente demoliti dal Tribunale:
il tifoso non è un consumatore medio qualsiasi: essendo molto informato sul calcio non poteva non sapere che Sky aveva ottenuto i diritti per la trasmissione in diretta solo per 7 partite di campionato su 10;
– le pubblicità televisive scelte da Sky sono “emozionali” e tipicamente brevi, non c’era “spazio” per spiegare che l’abbonato non avrebbe visto tutte le partite ma solo 7, e se pure il messaggio pubblicitario era il tuo calcio, tutto da vivere, il consumatore non poteva da ciò dedurre che avrebbe visto tutte le partite (come era avvenuto fino al campionato precedente): colpa dell’Antitrust che ha interpretato il messaggio in modo “distorto”;
– il consumatore poteva recedere dal contratto pagando per restituire gli “sconti già fruiti” (non menziona però le penali per il recesso prospettate ai consumatori dai call center Sky).

Il TAR Lazio replica ad ogni singolo argomento di difesa prospettato da Sky – consapevole che la sentenza sarà molto probabilmente impugnata innanzi al Consiglio di Stato – e conclude definendo la condotta di Sky un “comportamento iniquo e di abuso del diritto”:

” […] la mancata riduzione del prezzo dell’abbonamento al pacchetto per la stagione calcistica 2018/19, nonostante il significativo ridimensionamento dei contenuti originariamente prescelti”, comportamento che avrebbe fatto sentire alcuni dei consumatori segnalanti in condizione tra scegliere se mantenere o interrompere la sottoscrizione dell’abbonamento. In effetti tale contestazione ha ad oggetto una condotta a carattere omissivo, che nel caso di specie può effettivamente qualificarsi quale pratica commerciale aggressiva. E’ di tutta evidenza che i consumatori non avevano un reale interesse ad esercitare il recesso, poiché ciò avrebbe impedito loro di vedere in diretta le partite di Serie A i cui diritti erano stati aggiudicati a SKY per il triennio 2018/2021, partite alle quali non risulta che potessero/possano avere accesso i consumatori abbonati solo a DAZN, neppure tramite “tickets SKY” venduti da DAZN. In questo contesto, solo mantenendo l’abbonamento a SKY i consumatori avrebbero potuto accedere alle partite mancanti acquistando, a prezzo ridotto, i “tickets” per vedere le altre partite su DAZN. Tenuto conto di ciò, è chiaro che i consumatori, con la spartizione dei diritti tra SKY e DAZN, si sono venuti a trovare in una situazione particolarmente sfavorevole, data dalla alternativa tra il recesso, con conseguente preclusione della visione del 70% delle partite di serie A, ed il restare nel contratto, andando incontro ai costi aggiuntivi relativi all’acquisto dei ticket DAZN. Non concedendo una riduzione sul canone di abbonamento, SKY ha oggettivamente ed intenzionalmente approfittato della propria posizione di favore, e ciò integra, ad avviso del Collegio, un abuso del diritto, di cui disponeva SKY, di modificare unilateralmente il contenuto del Pacchetto Calcio – proprio perché SKY aveva la consapevolezza che il consumatore non aveva una reale alternativa di accedere alla visione in diretta delle partite di cui essa si era aggiudicata i diritti in esclusiva“.

Fra le altre doglianze, Sky si lamenta poi dell’importo della multa 7 milioni di euro, equivalente allo 0,2% del fatturato annuo della società.
Una multa di 7 milioni a fronte di maggiori introiti – derivanti dalle condotte illegittime – prudenzialmente stimati in difetto dal Tribunale in 29 milioni di euro.
Un buon affare, non c’è che dire. Sempre stando alle stime del Tribunale i consumatori tifosi hanno pagato – almeno – 8,7 milioni di euro che devono essere restituiti. Ciascun abbonato ha pagato euro 238,80 per il pacchetto Sky Calcio della stagione 2018/2019 ma ha potuto vedere solo 7 partite su 10 per ogni giornata di campionato. Ciascuno deve quindi riavere il 30% dell’abbonamento pagato e non goduto, 71,64 euro per amor di precisione.

Troppo pochi per motivare un consumatore a fare causa davanti al giudice di pace (il solo contributo unificato costa 43 euro), con il rischio però che – se vince – la controparte potrebbe fare appello in Tribunale, e il consumatore non potrebbe più fare a meno di un avvocato, quindi il rapporto costo/benefici salterebbe.

Certo, in alternativa può rivolgersi al Corecom, prima con un tentativo di conciliazione e poi per chiedere la definizione della controversia. Ma i tempi di decisione sono decisamente lunghi, occorre armarsi di pazienza. Ad esempio, proprio per la restituzione del 30% dell’abbonamento Sky Calcio e per la corresponsione di un indennizzo economico, Aduc ha patrocinato un caso pilota al Corecom Toscana. Ad oggi però nonostante l’istanza di tentativo obbligatorio di conciliazione ad ottobre 2018 (chiuso senza successo perchè Sky non ha nemmeno partecipato) e la richiesta di definizione della controversia, depositata a febbraio del 2019, siamo ancora in attesa del provvedimento definitivo. Le richieste di definizione dei provvedimenti sono molte (perchè tante sono le scorrettezze dei gestori), il personale poco e i Corecom non riescono a smaltire il lavoro.

Cosa possono fare i consumatori?

Possono richiedere il rimborso di quanto pagato illegittimamente e il pagamento da parte di Sky di un indennizzo economico per erogazione parziale dei servizi: abbiamo predisposto un modello di raccomandata AR (o PEC) di messa in mora che i consumatori possono compilare con i propri dati inviare a Sky per chiedere restituzioni e indennizzi.
In caso di risposta negativa o di mancata risposta, si può attivare – gratuitamente – il tentativo di conciliazione davanti al Corecom della propria regione, chiedendo – nel caso in cui Sky non abbia risposto – anche la corresponsione di un indennizzo per mancata risposta al reclamo.
Se anche il tentativo di conciliazione fallisse, il consumatore potrà  chiedere – sempre gratuitamente – al Corecom di definire la controversia condannando Sky a restituire le somme indebitamente riscosse per i servizi non usufruiti nella misura del 30% dell’importo corrisposto per il pacchetto Sky Calcio e a pagare gli indennizzi previsti dalla legge (con i tempi biblici di cui abbiamo scritto sopra) oppure avviare una azione giudiziaria davanti al giudice di pace, senza necessità di essere assistiti da un avvocato.

Sempre che Sky – con lungimirante mossa di marketing – non paghi spontaneamente…