Ex cittadini sovietici. Sentenza di riconoscimento dello status di apolide


 

Secondo l’UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees – Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) nonostante l’apolidia sia stata oggetto di svariati accordi internazionali – la Convenzione internazionale per la riduzione dell’apolidia ha compiuto 50 anni nel 2011 – ancora oggi circa 12 milioni di persone nel mondo sono di fatto apolidi, cioe’ persone senza cittadinanza. Piu’ volte ci siamo occupati degli apolidi di fatto, coloro i quali non hanno richiesto o ottenuto il riconoscimento dello status di apolide dallo Stato in cui risiedono e vivono in un limbo legale, non esistono piu’ per il loro Paese di provenienza ne’ esistono per il Paese in cui risiedono. Non hanno un passaporto, non hanno documenti, non possono dunque vivere “regolarmente” ma non possono neanche lasciare il Paese, andare in un altro Stato o tornare in quello di provenienza.In Italia il fenomeno dell’apolidia di fatto e’ molto diffuso fra gli ex cittadini cubani e gli ex cittadini sovietici.
Si tratta di due casi molto diversi di apolidia derivata, cioe’ di persone che hanno avuto una cittadinanza e l’hanno persa: nel caso di Cuba la “colpa” di queste situazioni va ricercata nella legislazione cubana che di fatto non considera piu’ propri cittadini coloro i quali lasciano il Paese senza farvi ritorno entro 11 mesi (a meno che non siano regolarmente soggiornanti in altro Stato).
Nel caso della ex URSS e delle ex Repubbliche Sovietiche diventate, a seguito dello smembramento dell’Unione Sovietica del 1991, Stati indipendenti (Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Estonia, Georgia, Kazakistan, Kirghizistan, Lettonia, Lituania, Moldavia, Russia, Tagikistan, Turkmenistan, Ucraina, Uzbekistan) la problematica e’ diversa e la sopravvenienza dell’apolidia e’ da ricondurre a lacune nella legislazione interna in materia di cittadinanza. Cio’ perche’ la legislazione dello Stato di nuova creazione spesso non ha riconosciuto automaticamente come propri cittadini gli “ex” cittadini sovietici, ma ha subordinato la cittadinanza alla sussistenza di specifici requisiti, quali ad esempio l’esser residente in un determinato periodo (o per un determinato periodo) nel territorio nazionale successivamente all’entrata in vigore delle nuove norme sulla cittadinanza determinati requisiti. Di conseguenza gli ex cittadini sovietici che nel periodo dell’entrata in vigore delle nuove norme nazionali in tema di cittadinanza risiedevano stabilmente all’estero e che non si sono attivati tempestivamente per capire cosa avrebbero dovuto fare per mantenere la propria cittadinanza l’hanno persa.

Non ci sono dati ufficiali in Italia sul numero degli apolidi riconosciuti e sugli apolidi di mero fatto, posto che manca un registro nazionale e la protezione e le tutele garantite dalle convenzioni internazionali vengono concesse solo dopo che il soggetto si sia personalmente attivato per richiedere –in giudizio– il riconoscimento del proprio status. Cosa, quest’ultima, tutt’altro che banale al punto che l’esercizio del diritto alla cittadinanza -anzi al riconoscimento della non cittadinanza- diventa un percorso a ostacoli.
Ci siamo gia’ occupati delle procedure per ottenere il riconoscimento dello status di apolide. Senza ripeterci, aggiungiamo che il procedimento amministrativo su istanza fatta al Ministero dell’Interno e’ pressoche’ inutile, poiche’ il Ministero chiede la produzione di documenti che molto spesso gli apolidi non hanno, come ad esempio un certificato di nascita, un certificato di residenza, un titolo di soggiorno italiano in corso di validita’. Richiesta di documenti che e’ quasi una contraddizione in termini: come faccio ad avere un certificato di residenza se nessun Comune italiano mi iscriverebbe mai senza il possesso di un valido documento personale? E come faccio ad avere un documento personale se sono apolide (e proprio l’accertamento di questo status sto chiedendo)? Una procedura inutile quindi, di cui si potra’ giovare solo chi sia in regola con tutti questi documenti (non ci e’ mai capitato un caso simile), ma che conviene comunque esperire prima di andare in giudizio, per evitare opposizioni del Ministero davanti al giudice.
La via migliore resta dunque, dopo aver fatto richiesta al Ministero, andare dal giudice, ma anche qui il percorso e’ spesso difficoltoso, poiche’ e’ raro ottenere nelle more del giudizio un provvedimento provvisorio che consenta alla persona di vivere normalmente, lavorare per potersi mantenere ecc. Cionondimeno, il giudizio civile resta l’unica via percorribile e negli ultimi anni sono aumentate le pronunce giudiziali di riconoscimento dell’apolidia.

Da ultimo il Tribunale civile di Roma che, con una sentenza depositata il 10 gennaio 2012, ha riconosciuto lo status di apolide di una ex cittadina russa e azera. La signora X, nata in Azerbaijan, aveva perso la cittadinanza azera nel 1985 per aver contratto matrimonio con cittadino russo e acquisito in conseguenza la cittadinanza russa. Nel 1988 divorziava dal marito e si trasferiva in Italia, soggiornando regolarmente come lavoratrice. A seguito dello smembramento dell’ex Unione Sovietica e della indipendenza dell’Azerbaijan aveva perso entrambe le cittadinanze, non avendo soddisfatto i requisiti per l’acquisto della cittadinanza della Federazione Russa (residenza ininterrotta per un periodo di tre anni sul territorio nazionale) ne’ quelli per l’acquisto della cittadinanza azera (residenza sul territorio nazionale fino al 1.1.1992 o residenza continuativa per cinque anni). Il Tribunale dunque riconosce lo status di apolide alla richiedente poiche’: “Alla luce delle considerazioni esposte, quindi, l’attrice ha perduto la cittadinanza azera e russa, senza averle automaticamente riacquistate per effetto della residenza sul territorio di detti stati al momento della loro trasformazione e dell’entrata in vigore delle rispettive leggi sulla cittadinanza e potendole riacquistare, come ex cittadina dello stato trasformato, non a sua semplice richiesta, ma unicamente risiedendo legalmente ed ininterrottamente sul territorio della Repubblica di Azerbaijan per cinque anni e su quello della Federazione Russa per tre anni”.

Qui il testo della sentenza

(Gia’ pubblicato in Aduc)