Come ottenere il riconoscimento dello status di apolide


La legge italiana tutela gli apolidi, riconoscendo loro gli stessi diritti attribuiti ai rifugiati politici (documenti di identita’, permesso di soggiorno, lavoro, assistenza sanitaria, previdenza sociale, possibilita’ di chiedere la cittadinanza italiana dopo 5 anni, ecc.).

Per contro, ottenere il riconoscimento dello status di apolide e’ tutt’altro che semplice poiche’ regna la piu’ assoluta incertezza sulle procedure da seguire. A chi presentare la domanda? La legge 91 del 1992 in tema di cittadinanza tace. Il relativo regolamento di attuazione (DPR 572 del 1993) prevede, all’art. 17, la “possibilita’” di presentare una istanza al ministero dell’Interno. Non vi sono altri riferimenti normativi che aiutino a comprendere se questa sia l’unica possibilita’, ovvero sia alternativa all’accertamento dello status di apolide in giudizio, secondo le norme generali sull’accertamento dal giudice ordinario degli status (es. status di cittadinanza, di rifugiato, status civili, ecc.). La giurisprudenza sul punto e’ discordante, e nel corso degli anni si sono sviluppati tre diversi orientamenti, nessuno dei quali ha prevalso sull’altro. Secondo un primo orientamento l’accertamento dello status di apolide puo’ essere richiesto al giudice ordinario citando in causa come controparte il ministero dell’Interno. Un secondo orientamento ritiene che la richiesta possa esser fatta davanti al giudice, senza bisogno di citare il ministero dell’Interno, con il cosiddetto rito camerale. Da ultimo, altra parte della giurisprudenza sostiene che l’unico organo legittimato a conoscere della richiesta di accertamento dello status di apolide sia il ministero dell’Interno.

In questa giungla di decisioni discordanti proponiamo questa procedura:

A chi presentare la domanda per l’ottenimento dello status di apolide?

La domanda deve essere presentata al ministero dell’Interno tramite raccomandata con ricevuta di ritorno al seguente indirizzo:

Dipartimento per le liberta’ civili e l’immigrazione Direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e l’immigrazione Via Cavour, 6 00184 ROMA

Vista i contrasti della gia’ esigua giurisprudenza pubblicata in merito, riteniamo infatti piu’ prudente seguire la procedura indicata dall’unica norma esistente in materia. Cio’ per mettersi al riparo dalle oscillazioni della giurisprudenza e dagli eventuali ritardi che un rigetto della domanda comporterebbe.

Quali sono i tempi per l’emissione del provvedimento?

Se per decidere in merito al riconoscimento della cittadinanza, che e’ tutto sommato un procedimento documentale solitamente ben istruito e di “pronta soluzione”, il ministero dell’Interno impiega circa 4-5 anni (a fronte dei due anni previsti dalla legge), possiamo solo immaginare che i tempi per il riconoscimento dello status di apolide siano molto piu’ lunghi. Ad ogni modo, poiche’ la legge non prevede un termine finale specifico entro il quale il Ministero deve pronunciarsi, si applicheranno le norme generali in tema di procedimento amministrativo. Il ministero avra’ dunque 90 giorni per emettere un provvedimento di accoglimento o di rifiuto dell’istanza.

Cosa fare se il Ministero non risponde entro i termini, o se rigetta l’istanza?

In caso di mancata pronuncia da parte del Ministero entro novanta giorni dal deposito dell’istanza, si potra’ impugnare il silenzio inadempimento citando il Ministero avanti al giudice ordinario, e chiedendo a quest’ultimo di accertare lo status di apolide. Similmente se, nello stesso termine, il Ministero rigetta l’istanza.
In proposito, parte della giurisprudenza ritiene che il silenzio della pubblica amministrazione (o il provvedimento di diniego) debba essere impugnato avanti al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR). Cio’ perche’ secondo questo orientamento non esiste un diritto al riconoscimento dello status di apolide, ma solo un interesse legittimo. In pratica, la pubblica amministrazione puo’ “concedere” il riconoscimento sulla base di una serie di valutazioni che confluiscono comunque in una scelta discrezionale.
Al contrario, riteniamo che a decidere sul silenzio inadempimento impugnato sia competente il giudice ordinario perche’ ad esso e’ devoluta la materia degli status personali, e perche’ il riconoscimento del proprio status di apolide non e’ un interesse legittimo ma un diritto soggettivo. Cio’ per due ordini di motivi:
1) La legge italiana, nonche’ diverse convenzioni internazionali (Convenzione di New York del 1954 relativa allo status degli apolidi; Convenzione del 1961 sulla riduzione dell’apolidia) riconoscono agli apolidi de jure (cioe’ riconosciuti come tali) una serie di diritti che non si hanno se si e’ apolidi di fatto;
2) L’apolide de jure puo’ successivamente acquisire la cittadinanza del paese che lo ha riconosciuto come tale. Posto che il diritto alla cittadinanza e’ uno dei diritti fondamentali dell’uomo (Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, Patto internazionale sui diritti civili e politici, Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, fra i tanti), altrettanto deve dirsi del riconoscimento dell’apolidia, senza la quale il “senza patria” non puo’ accedere al primo.

Si puo’ chiedere un permesso di soggiorno prima che sia intervenuto il riconoscimento dello status di apolide?

Nel caso non si sia in possesso di permesso di soggiorno, non e’ necessario attendere la pronuncia del giudice per ottenerlo, ma si puo’ sin dall’atto introduttivo del giudizio formulare una contestuale istanza con la quale si chiede al giudice di emettere un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. con il quale imponga alla Questura di rilasciare un permesso di soggiorno “provvisorio” in attesa della definizione del giudizio, fornendo la prova del grave danno che l’istante subisce. In questo senso riteniamo sia molto semplice provare tale danno, posto che chi non ha permesso di soggiorno non puo’ lavorare e dunque avere mezzi di sussistenza.

(Gia’ pubblicato in ADUC)