Crocifisso nelle scuole. Quello che la sentenza di Strasburgo NON dice

Sia ben chiaro, nessuno ha chiesto all’Italia di togliere il crocifisso nelle scuole. La sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) non attacca la religione cattolica, non impone all’Italia di togliere il crocefisso dalle aule scolastiche, non nega identita’ culturale e storia all’Italia, ne’ snatura l’identita’ cristiana dell’Europa.

La Corte prende “solo” atto della discrasia fra l’autoproclamazione dell’Italia come uno Stato laico e il, difficilmente conciliabile, obbligo che nelle scuole vi sia un simbolo religioso cosi’ forte.
Ha lo Stato un dovere di neutralita’ e imparzialita’ rispetto alle religioni? Il fatto che la religione cattolica sia quella piu’ diffusa in Italia legittima lo Stato ad imporne i simboli nei luoghi pubblici, e ancor piu’ nei luoghi di formazione della persona e della personalita’, quali le scuole dell’obbligo?
L’imposizione del crocifisso nelle aule non contrasta con quella neutralita’ dello Stato che dovrebbe invece favorire il pluralismo, l’autodeterminazione dell’individuo e la sua indipendenza?
Per la Corte, uno Stato che si definisce laico non dovrebbe imporre il messaggio di una scelta preferenziale in materia religiosa, tanto piu’ nelle sedi di scolarizzazione dell’obbligo ove l’impatto su soggetti di giovane eta’ e’ decisamente piu’ forte e puo’ costituire una pressione sugli studenti che non praticano la religione cattolica o aderiscono ad un’altra religione. Secondo la CEDU “la presenza del crocifisso puo’ essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le eta’ come un simbolo religioso, e si sentono educati in un ambiente scolastico caratterizzato da una particolare religione. Cio’ che puo’ essere incoraggiante per alcuni studenti di una religione puo’ essere emotivamente inquietante per gli studenti di altre religioni o di coloro che non professano alcuna religione. Questo rischio e’ particolarmente presente tra gli studenti appartenenti a minoranze religiose. La liberta’ negativa non e’ limitata alla mancanza di servizi religiosi o di istruzione religiosa. Esso copre le pratiche dei simboli che esprimono, in particolare, o, in generale, una credenza, una religione o ateismo. Questo diritto negativo merita una protezione speciale, se lo Stato esprime una convinzione e, se la persona si trova in una situazione che non puo’ essere superata se non con uno sforzo individuale o un sacrificio sproporzionato”.
Questo e’ a mio avviso il passaggio chiave della sentenza, e contiene un’analisi decisamente oggettiva della situazione. E di certo siamo tutti d’accordo sulla bonta’ dell’art. 2 del primo protocollo addizionale alla Convenzione dei diritti dell’uomo: “Il diritto all’istruzione non puo’ essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell’esercizio delle funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere a tale educazione e a tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche”.
O almeno eravamo d’accordo finche’ i riflettori non sono stati puntati su di noi.
O meglio, saremmo tutti d’accordo se le convinzioni religiose di alcuni genitori non fossero diverse dalle “nostre”.
Allora obbligare gli studenti a trovarsi sulla cattedra ogni mattina il crocifisso (come non vederlo, proprio sulla testa dell’insegnante!) e’ il minimo dazio che i non cattolici devono pagare per vivere in un Paese cattolico. L’Italia la vogliamo cosi’. Cattolica. Tollerante nei confronti delle altre religioni, purche’ chi le professa preghi fra le pareti delle proprie case. E che non pretendano di costruire moschee, che siamo in Italia.
L’accanimento contro la sentenza si alimenta anche del rischio di “deriva musulmana” che tutti questi stranieri stanno portando, per cui dobbiamo serrare le fila, prima che la nostra’ identita’ si sgretoli e ci costringano tutte a indossare il burqa (beninteso, la ricorrente e’ finlandese, se questo puo’ essere di qualche sollievo). E l’obbligo di esibizione del crocifisso nelle aule scolastiche e’ fratello della “querelle” ora di religione si’ o no, e cugino dell’attribuzione di crediti formativi relativi all’ora di religione, giusto per rimanere in ambito scolastico. Come se l’assenza del crocifisso dalle aule facesse crescere tanti piccoli agnostici, o comportasse la cancellazione delle tradizioni religiose e culturali dei cattolici che vivono in Italia, l’abiura.
Ma tranquilli, non c’e’ bisogno di muoversi in crociata. I crocifissi restano dove sono, l’Italia se la cava con 5.000 euro di risarcimento, e “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge” (art. 8 della Costituzione). Obblighi di legge a parte.