La nuova mediazione obbligatoria. Come decongestionare il sistema giustizia aumentando i costi per i cittadini


Il decreto legislativo n. 28 del 4 marzo 2010 disciplina la mediazione delle controversie, detta i criteri di abilitazione degli organismi conciliatori pubblici e privati, lo svolgimento della mediazione, le conseguenze giuridiche e i rapporti con i processi giurisdizionali. Al di la’ dei diversi aspetti tecnici del decreto, una delle circostanze di maggior interesse per i consumatori e’ che esso impone, per una serie di controversie, l’esperimento di un tentativo obbligatorio di conciliazione prima di poter adire un giudice.

Ne tratteggiamo gli aspetti salienti.
Il tentativo di conciliazione diventa obbligatorio per cause aventi ad oggetto:
– condominio;
– diritti reali;
– divisione;
– successioni ereditarie;
– patti di famiglia;
– locazione;
– comodato;
– affitto di azienda;
– risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti;
– risarcimento del danno derivante da responsabilità medica;
– risarcimento del danno derivante da diffamazione con il mezzo della stampa o altro mezzo di pubblicità;
– contratti assicurativi, bancari e finanziari.

In queste materie il tentativo di conciliazione diventa condizione di procedibilita’ e deve essere esperito entro 4 mesi dalla proposizione della domanda: nel caso in cui il tentativo di conciliazione non sia esperito nel termine di cui sopra si potra’ comunque procedere con l’azione giudiziaria. In caso di mancato esperimento preventivo del tentativo, il giudice rileva tale circostanza e fissa un’udienza dopo la scadenza dei 4 mesi, assegnando alle parti un termine di 15 giorni per procedere al tentativo obbligatorio.

Questo tentativo (o meglio “mediazione”) si promuove con domanda ad un organismo di mediazione pubblico o privato a scelta della parte fra quelli iscritti in un apposito registro e segue un procedimento molto snello e informale.
Questi i possibili esiti della procedura:
le parti trovano un accordo e “conciliano”, redigendo un apposito verbale che puo’ essere poi omologato dal presidente del tribunale e diventi titolo esecutivo;
le parti non trovano un accordo, il mediatore redige dunque un verbale nel quale da’ atto del mancato accordo e formula una propria proposta di conciliazione.
Il contenuto di questa proposta giochera’ un ruolo fondamentale nel procedimento giudiziario poiche’ se la sentenza del giudice corrispondera’ interamente al contenuto della proposta, la parte vincitrice che ha rifiutato la proposta del conciliatore sara’ condannata al pagamento delle spese sostenute dalla controparte.

Alcuni commentatori hanno definito questo decreto una rivoluzione culturale, capace di contrastare la connaturata litigiosita’ italica, insegnando agli italiani i vantaggi della conciliazione e decongestionando il – malmesso – settore giustizia. In realta’ i concetti di mediazione e conciliazione non sono estranei al nostro ordinamento: esistono gli arbitrati, le negoziazioni e transazioni stragiudiziali, il tentativo obbligatorio di conciliazione nelle cause di lavoro, il tentativo obbligatorio di conciliazione innanzi al Corecom per le controversie in materia di telecomunicazione, i poteri del giudice ai sensi dell’art. 185 c.p.c. e una serie di organismi di mediazione gia’ operanti. La vera innovazione sta piuttosto nella imposizione di questo strumento. Si scarica il peso delle inefficienze dello Stato nel dare una risposta adeguata all’esigenza di giustizia dei cittadini sulle spalle di questi ultimi, prospettandogli 4 mesi di attesa in piu’ prima di poter accedere alla giustizia, ulteriori spese, e la minaccia di una condanna al pagamento delle spese di controparte anche in caso di propria vittoria se l’esito del giudizio rispecchia la proposta di conciliazione.

I punti critici del decreto a nostro avviso sono molteplici. In primo luogo, il tentativo obbligatorio di mediazione non e’ gratuito. Chi vorra’ far causa dovra’ infatti aggiungere ai costi attuali anche quello della mediazione i cui importi ancora non sono individuati. Il decreto prevede l’emanazione di un ulteriore regolamento con il quale verranno definite, nei minimi e nei massimi, le indennita’ che le parti sono tenute a pagare all’organismo mediatore. Fino all’adozione del regolamento, tanto per farsi un’idea dei costi, si applichera’ il decreto ministeriale n. 223 del 1004 che disciplina le indennita’ spettanti agli organismi di conciliazione attualmente esistenti. Questo decreto prevede un somma da pagare per l’avvio del procedimento di Euro 30 e una indennita’ proporzionata al valore della controversia sulla base di questa tabella:

Valore della lite Spesa (per ciascuna parte)
Fino a Euro 1.000 Euro 40
da Euro 1.001 a Euro 5.000 Euro 100
da Euro 5.001 a Euro 10.000 Euro 200
da Euro 10.001 a Euro 25.000 Euro 300
da Euro 25.001 a Euro 50.000 Euro 500
da Euro 50.001 a Euro 250.000 Euro 1.000
da Euro 250.001 a Euro 500.000 Euro 2.000
da Euro 500.001 a Euro 2.500.000 Euro 4.000
da Euro 2.500.001 a Euro 5.000.000 Euro 6.000
Oltre Euro 5.000.000 Euro 10.000

 

Volendo esemplificare, per una causa che il cittadino puo’ fare senza l’assistenza di un avvocato avanti al giudice di pace del valore di 300 euro, l’esperimento del tentativo di conciliazione costera’ oggi 110 euro (30 di spese di avvio, 40 per una parte, 40 per l’altra). Piu’ di un terzo del valore della controversia stessa, senza contare che fallito il tentativo si dovra’ poi iniziare la causa (altri 30 euro di contributo unificato, spese di notifica, ecc.).

Inoltre, di non poco rilievo il fatto che in caso di controversie che richiedano particolari competenze tecniche (buona parte, ci viene da dire), l’organismo di mediazione nominera’ un consulente tecnico (iscritto nell’albo dei consulenti tecnici del tribunale) e le parti dovranno sopportare anche l’ulteriore costo di questa perizia che non sara’ utilizzabile in giudizio (posto che un dei principi della conciliazione e’ la riservatezza, ragione per cui le digressioni sulla controversia, perizie incluse, non possono transitare nel successivo giudizio). Per la stessa controversia mi trovero’ dunque a pagare due consulenti tecnici, uno in fase di conciliazione e uno in giudizio, oltre l’eventuale consulente di parte.

Altro punto critico del decreto la competenza territoriale, che deroga a tutti i criteri di competenza attualmente previsti dalla procedura civile. In quale luogo deve essere attivata la conciliazione? Non certo nel luogo del convenuto, ne’ qualsiasi altro luogo individuato dalla legge. Il tentativo di conciliazione si esperisce “semplicemente” dove vuole chi decide per primo di presentare la domanda. Vivo a Catania, ricevo la comunicazione di un tentativo di conciliazione obbligatorio a Torino (che il foro della successiva causa sia Catania, Torino, Roma o Bologna non rileva minimamente) e saro’ costretto ad andare a Torino perche’ la mia assenza viene verbalizzata e il giudice della successiva causa puo’ tenerne conto nella decisione. Ai costi di cui sopra dovro’ dunque aggiungere i costi per partecipare alla conciliazione (perdita di una giornata di lavoro, spostamenti) o per mandare qualcuno al mio posto.

Il decreto tenta di dare una risposta alla congestione dei tribunali rendendo piu’ oneroso l’accesso alla giustizia. Un percorso gia’ avviato, il cui passo piu’ recente e’ l’introduzione del contributo unificato per l’opposizione a sanzione amministrative: la decongestione del carico di lavoro dei giudici di pace non avviene tramite una riforma della struttura o l’ampliamento dell’organico, ma tramite una ulteriore tassa ai cittadini facendo diventare antieconomiche le proprie istanze di giustizia. Che senso ha impugnare una multa di 35 euro se per parlare con un giudice devo pagarne 30?

Premesso che a nostro avviso l’introduzione di questo meccanismo non sara’ deflattiva dei procedimenti, ma solo ulteriormente onerosa per i cittadini, quel po’ di decongestione che ne verra’ si sarebbe potuta ottenere per un’altra via, cioe’ facendo svolgere i tentativi di conciliazione innanzi al giudice. Perche’ costringere i cittadini a pagare organismi pubblici e privati (che pulluleranno da qui’ a breve), quando la stessa attivita’ si potrebbe svolgere a costo zero? Lo strumento della conciliazione e’ gia’ previsto nel codice di procedura civile, all’art. 185 che conferisce al giudice poteri conciliatori subordinandoli pero’ alla richiesta congiunta delle parti. La modifica di questo articolo, eliminando il riferimento alla volonta’ delle parti avrebbe ottenuto gli stessi scopi che si prefigge il decreto, senza vessare ulteriormente il cittadino: non sarebbe stato necessario attendere 4 mesi in piu’ e soprattutto pagare il mediatore.

(Già pubblicato in Aduc)