Giustizia? Per i ricchi! Gli aumenti del contributo unificato e la nuova funzione sanzionatoria

Aumenta nuovamente il contributo unificato e assistiamo ormai da anni ad una graduale “riforma” della giustizia che passa dalle (e pesca nelle) tasche degli italiani. Il modo migliore che il legislatore italiano e’ riuscito a trovare per decongestionare i tribunali e’ inibirne l’accesso, rendere antieconomico il processo e – dunque – negare ai cittadini l’accesso alla giustizia, anziche’ riformare seriamente la struttura della macchina giustizia e ampliare l’organico del personale giudicante e non. Ecco allora che negli ultimi anni il contributo unificato (cioe’ la tassa il cui scopo e’ coprire le spese di giustizia) e’ aumentata diverse volte. Il tentativo di scoraggiare e precludere l’accesso alla giustizia e’ fortissimo nelle cause di piccolo valore; nel 2005 e’ stato introdotto il contributo unificato anche per le cause di piccolo valore, prima esenti (30 euro per i contenziosi fino a 1.100 euro poi 33 euro dal luglio 2010, poi 37 euro dall’anno successivo).

Nel 2010 e’ stato introdotto il contributo unificato (passato nel tempo da 30 a 37 euro) anche per i ricorsi contro le multe stradali. Si tratta di una introduzione irragionevole poiche’ le spese per accedere alla giustizia dovrebbero essere proporzionate al valore della causa, mentre nel caso delle violazioni al codice della strada il piu’ delle volte il valore della controversia e il costo del contributo unificato si equivalgono (costo cui vanno aggiunte le spese per l’intervento di un legale o, per chi si rappresenta da solo in giudizio, le spese di trasferta per il giorno dell’udienza (o delle udienze), i giorni di ferie per andare in tribunale, il lavoro perso).

Il pagamento del contributo unificato e’ stato poi istituito anche per le separazioni legali: 37 euro quando la separazione e’ consensuale, 85 quando non lo e’, e pari importo per ogni richiesta di modifica delle condizioni di separazione.

Da ultimo, e’ intervenuta la legge di stabilita’ (l. n. 228 del 24 dicembre 2012) in vigore dal primo gennaio 2013 con la quale il contributo unificato aumenta, per l’ennesima volta:
nei procedimenti davanti al Tribunale amministrativo Regionale e’ aumentato a euro 650,00 (fino a luglio 2011 era di 500 euro, da luglio 2011 a dicembre 2012 e’ stato di 600,00 euro)
– nei giudizi di impugnazione amministrativi (aumento del 50%);
– nei giudizi dinanzi alla Corte di Cassazione (raddoppiato);
– per i ricorsi straordinari al Capo dello Stato, per i quali fino a luglio 2011 non era previsto alcun contributo unificato, il contributo introdotto nel 2011 di 600,00 euro e’ aumentato a 650,00 euro.

Viene poi introdotto il contributo unificato sanzionatorio: si tratta di una vera e propria penale che deve essere comminata a chi abbia proposto una impugnazione anche in via incidentale, civile o amministrativa, che sia stata integralmente rigettata oppure dichiarata inammissibile o improcedibile (“Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”). Come correttamente rilevato da alcuni commentatori: “Ecco che si prospettano due incongruenze, la prima è data dal rilievo che una norma tributaria viene usata come sanzione o penale, la seconda incongruenza è data dal fatto che colpisce (sanziona) la mera “interpretazione” di diritto sostanziale e/o di diritto processuale, quando non esiste “certezza” di interpretazione, anzi questa varia nel tempo e da giudice a giudice”.
Inoltre, la sanzione dovra’ essere applicata anche nel caso in cui il giudice di appello ritenga ci siano motivi per compensare le spese di lite.

Gli aumenti costanti di questa tassa, la ancor piu’ grave penale in caso di appello non accolto, sono veri e propri limiti economici all’esercizio del diritto di difesa e di accesso alla giustizia, in particolar modo nelle cause di piccolo valore, di dubbia costituzionalita’. Il principio costituzionale che garantisce a tutti la tutela giurisdizionale dei propri diritti non puo’, infatti, essere compromesso da imposizioni economiche finalizzate non gia’ – come dovrebbe essere – al funzionamento della giustizia quanto piuttosto alla deflazione del contenzioso rendendone l’accesso economicamente sconveniente e creando dunque un sistema giustizia solo “per ricchi”.

(Già pubblicato in Aduc)