Validazione dei documenti. Un nuovo ostacolo al ricongiungimento familiare

Con l’entrata in vigore delle modifiche al regolamento di attuazione della Bossi-Fini e’ stata introdotta una nuova procedura per il rilascio del nulla osta al ricongiungimento familiare. Tutti i documenti attestanti i rapporti di parentela devono essere validati dall’ambasciata italiana all’estero.
La validazione e’ una procedura che si aggiunge a quelle, gia’ esistenti, di legalizzazione dei documenti e di apposizione della cosiddetta apostille. Per comprendere l’entita’ delle conseguenze di questa modifica legislativa, si pensi che:
– nella maggior parte dei Paesi stranieri i certificati che attestano i rapporti di parentela hanno una validita’ massima di sei mesi;
– ottenuto il certificato, occorrera’ chiedere un appuntamento all’ambasciata italiana per la traduzione (prassi ai limiti della legalita’, ma comune a molte ambasciate italiane);
– una volta tradotto, il certificato dovra’ esser portato agli organi competenti per l’apostille;
– con in mano il documento, finalmente tradotto e postillato, si dovra’ chiedere un nuovo appuntamento all’ambasciata italiana per la validazione;
– ottenuta la validazione il certificato dovra’ esser spedito in Italia e presentato allo sportello unico per l’immigrazione che dovrebbe rilasciare il nulla osta, sempre che nel frattempo il certificato non sia scaduto (cosa tutt’altro che improbabile). In questo caso, e’ necessario ripartire da capo, senza nessuna garanzia che al secondo tentativo la procedura sara’ piu’ rapida.
Ognuna delle singole fasi richiede tempi diversi, e molto spesso le ambasciate non accettano immediatamente le istanze di traduzione o validazione, ma lo fanno su appuntamento, fissato a volte a distanza di mesi dalla richiesta. A questo tempo occorre aggiungere quello per la riconsegna del documento pronto.
Fra l’altro essendo la validazione uno strumento nuovo nel settore, non e’ ancora ben chiaro quale funzione svolga. Una circolare del ministero degli Esteri spiega che tramite tale procedura la rappresentanza diplomatica italiana ha la possibilita’ di verificare se il certificato in questione sia “conforme alle condizioni e ai requisiti previsti dall’art. 29 del testo unico”. Parrebbe dunque che la validazione serva a verificare se quanto scritto nel certificato sia vero o no. Ci chiediamo quali mezzi e strumenti abbia una rappresentanza diplomatica per contestare la veridicita’ di un certificato straniero. Sulla base di cosa ritiene che non sia vero che X sia figlio di Y, fatto affermato e certificato da un pubblico funzionario di uno stato estero? Sulla base di cosa vengono avanzate le contestazioni? Forse perche’ dalle foto padre e figlio non si somigliano?
L’introduzione di questa procedura non fa altro che aggiungere altra burocrazia, e una nuova dose di ampia discrezionalita’ in favore delle rappresentanze diplomatiche, che di fatto potranno impedire i ricongiungimenti familiari ritenendo non attendibili atti formati da autorita’ straniere.
Tali considerazioni appaiono ancor piu’ gravi se rapportate al fine cui la procedura di ricongiungimento e’ finalizzato: l’esercizio del diritto all’unita’ familiare, costituzionalmente tutelato.
La tutela costituzionale del diritto all’unita’ familiare e’ effettiva se le leggi che la applicano ne consentono l’esercizio tramite procedure celeri ed efficienti. L’introduzione di un potere di controllo da parte della pubblica amministrazione totalmente discrezionale, che allunga ulteriormente i tempi della procedura, con le conseguenze che abbiamo esposto, rende estremamente difficoltoso, quando non impossibile, l’esercizio del diritto a vivere in Italia con la propria famiglia.